Il Giardino dell' Erba Voglio

La poesia di Giovan Battista Marino e le piante

         Rosa
                  Poi le luci girando al vicin colle,
dov'era il cespo che 'l bel pie' trafisse,
          fermossi alquanto a rimirarlo, e volle
il suo fior salutar pria che partisse;
          e vedutolo ancor stillante e molle
quivi porporeggiar, cosi' gli disse:
          - Salviti il ciel da tutti oltraggi e danni,
fatal cagion dei miei felici affanni.
 
                Rosa, riso d'Amor, del ciel fattura,
rosa del sangue mio fatta vermiglia,
          pregio del mondo e fregio di natura,
de la Terra e del Sol vergine figlia,
          d'ogni ninfa e pastor delizia e cura,
onor de l'odorifera famiglia,
          tu tien d'ogni belta' le palme prime,
sovra il vulgo de' fior Donna sublime.
 
               Quasi in bel trono imperadrice altera
siedi cola' su la nativa sponda.
          Turba d'aure vezzosa e lusinghiera
ti corteggia d'intorno e ti seconda;
          e di guardie pungenti armata schiera
ti difende per tutto e ti circonda.
          E tu fastosa del tuo regio vanto
porti d'or la corona e d'ostro il manto.
 
              Porpora de' giardin, pompa de' prati,
          gemma di primavera, occhio d'aprile,
          di te le Grazie e gli Amoretti alati
          fan ghirlanda alla chioma, al sen monile.
         Tu, qualor torna agli alimenti usati
          ape leggiadra o zeffiro gentile,
          dai lor da bere in tazza di rubini
          rugiadosi licori e cristallini.
 
              Non superbisca ambizioso il sole
          di trionfar tra le minori stelle,
          che ancor tu fra i ligustri e le viole
          scopri le pompe tue superbe e belle.
          Tu sei con tue bellezze uniche e sole
          splendor di queste piagge, egli di quelle.
          Egli nel cerchio suo, tu nel tuo stelo,
          tu Sole in terra, ed egli rosa in cielo. -
                        ("L'elogio della rosa", da: "Adone")