Il Giardino dell' Erba Voglio

Formica

         
Agostino Barletta
Ci fu un tempo
in cui rincorrevo le cicale,
la retina per farfalle
poggiata sulle spalle,
facevo un sogno anche da sveglio
di ripopolare quel giardino
che battezzammo l' Erba Voglio.
 
Quell' estate i loro canti
invasero le orecchie
assordando  bambini
mentre la ganascia succhiava
corteccia di biancospini.
 
Ma assai breve fu la storia
e rapida fu la guerra
che' alla fine dell' estate
se ne tornarono alla terra
a succhiare per quattr'anni
dolci radici, scarsi i danni.
 
Ritornai a rincorrere cicale,
tra carpini e biancospini
mentre ripresero a succhiare
cavando cibo per formichine
e ritornarono a cantare
rintronando i piccolini.
 
Ed ogni anno che vien luglio
il concerto si ripete:
una cicala per cespuglio
dolce linfa per formiche,
che' il canto rende fichi
e puo' sfamare anche i nemici.
("Cicale e formiche", Genova, luglio 2015)
                  Carlo Betocchi            
           
      Io sono la formicola che pare
            morir la sera al nascer della luna
            quando co' suoi deserti m'affattura
            pallidamente l'unica natura

            dell'anima e dei complici orizzonti.
            Fra i limitati triboli del giorno,
            nel cerchio inane dei segreti monti,
            quando vo' per pianure aride intorno

            al nido travagliandomi col seme
            pesante della mia arida speme,
            voi lo sapete, con cui vivo insieme,
            il negro corpo che vi porta il pane.

            Ma il giorno ha la pazienza del domane:
            ha la cristianita' d'antica gente
            che m'ha fatto formica tra le lente
            ed ignote formiche della fame.

            La notte ha il resto; si commuove al seme
            lunare il mondo, e l'ombra del mio piede
            minuscolo col mio corpo si vede
            mutarsi nell'eterna chiarita'.
                                    ("Io, la formica")