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La poesia di Corrado Govoni
e le piante (o... animali)
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Il calabrone (1)
- Questo ispido villoso calabrone
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l'ho trovato ubriaco fradicio
- di
polline e di rugiada
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nella campana di un fiore arancione.
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Zampettava di qui' e di la', ronzando
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per uscire, ma non trovava piu' la strada.
- Lo
tirai fuori, ed ora e' la' che vola
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in un raggio di sole tutto d'oro:
- come
un ubriacone che s'alza dal marciapiede
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e s'incammina malsicuro borbottando.
- (da: "Inaugurazione della Primavera")
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- (1) In realta' diverse informazioni
fornite dal poeta sulla specie che da' il titolo alla poesia indicano che non si tratta di
un Calabrone (Vespa crabro) ma di un Bombo (Bombus gen.):
- - un Bombo e non certo un Calabrone
potrebbe essere definito "ispido e villoso";
- - vero che il Calabrone (come tutte le
specie del genere vespe) ama il nettare ed altre sostanze zuccherine, ma
risulterebbe molto strano trovarlo "ubriaco fradico di polline e di rugiada"
perche' solitamente rintraccia queste sostanze sulla frutta matura, tra le fessure della
corteccia di certe specie arboree, Etc. e non ama molto avventurarsi all'interno delle
corolle dei fiori (abitudine assai tipica di tutte le specie del genere Bombus );
- - per ultimo risulta assai poco credibile
l'ultima affermazione del poeta: "Lo tirai fuori...": la nota
aggressivita' e pericolosita' del Calabrone non consiglierei a nessuno di compiere senza
rischi questa operazione "umanitaria".
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Cuculo
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O cuculo, bel cuculo barbogio,
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che voli sopra il fresco canepaio
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cantando il tuo ritornello gaio,
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il vecchio ritornello d'orologio;
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tu sei la primavera pazzerella,
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che si nasconde e canta allegra: -Orsu'
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venitemi a pigliar... cucu'! cucu'!
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dietro il frumento che va in botticella.
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E quando, dopo un lungo inseguimento,
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tu speri d'acciuffarla nel frumento,
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ella, che ti spio' e venir ti vide,
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eccola la', che canta e ti deride
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da un alto pioppo, tremulo d'argento,
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che s'alza in fondo al campo di frumento.
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O cuculo, mio bel cuculo vaio,
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che voli sopra il fresco canepaio.
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("Il Cculo", da: "Poesie
scelte")
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Iris
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celesti
giaggioli
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sono i fiori piu' belli della terra,
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vere orchidee dei poveri
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che nemmeno li guardano
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e servono soltanto con le foglie
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alle verdi battaglie dei bambini:
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con quel colore e quell'odor di cielo
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mescolato al colore e all'odore
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del mare tra gli scogli,
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con i bocciuoli chiusi nei
cornetti
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di carta velina
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come confetti,
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e dentro i fiori spogli
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quelle sottili lingue
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d'un giallognolo ghiaccio peloso
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per spazzolare le giubbe
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verde smeraldo da postiglione
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delle cetonie
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e giacche di fustagno dei maggiolini..."
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(Da: "I
fiori che amo")
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