Il Giardino dell' Erba Voglio

Inni all' Inverno

       Basho
        Giorno d'inverno -
        sul cavallo
        un'ombra di gelo.
        Flebili, i crisantemi
        si ergono,
        dietro l'acqua.

        L'alba irrompe:
        esche d'argento,
        lunghe un pollice.

        In cerca di profumi,
        tra i susini, continuo a guardare
        l'orlo della grondaia.

        La prima pioggia invernale -
        ora mi chiamera'
        "viandante.
 
       Attilio Bertolucci
        Inverno, gracili sogni
        sfioriscono sugli origlieri,
        giardini lontani tra le nebbie
        nella pianura che sfuma
        in mezzo alle luci dell'alba,
        voci come in un ricordo
        d'infanzia, prigioniere del gelo,
        s'allontanano verso la campagna;
        ninfe dagli occhi dolci e chiari
        fra gli alberi spogli, sotto il cielo grigio,
        cacciatori che attraversano un ruscello,
        mentre uno stormo d'uccelli s'alza al volo.
       
        La' in fondo quella casa
        che ospitale appare
        coperta di bianco,
        in un silenzio da fiaba.
        E attraverso i vetri
        si vede la fiamma rossa
        nel caminetto vacillare.
 
        I treni arrivano,
        domenica, Natale?
        Piu' non scende lieve
        sulla terra la neve.
                           ("Inverno")
 
     Alessandra Capocaccia Quadri
           Filtra la luce fra i rami sempre verdi
     del tuo piccolo bosco. Sei protetta
            dai vetri iridescenti della casa.
 
            Se il blu si accende in cielo, ti conforta.
            Ritrovi da lontano i tronchi antichi
            fra cui ti nascondevi da bambina.
 
            Sul filo di memorie anche presagi.
 
            E a chi si sente stanco
            per tremito alle dita e forse al cuore
            il piu' gelido giorno
            qualche volta promette primavere.
                                ("Inverno", 21 febbraio '94)
 
 Gilbert P. Douville
        Cio' che mi fa paura e' venuto ed e' passato
        Un giorno senza sole
        una fredda notte d'inverno
        L'eco di sussurri, un rapido sorriso
        Seppellitemi con un pianto senza lacrime
 
        Scrosci di risate e morbidi baci
        piacevoli sogni di giovinezza
        tenero il tocco di un fiore
        dolce il profumo della rugiada
 
        Cio' che mi fa paura e' venuto ed e' passato
        Un giorno senza vento
        una fredda notte d'inverno
        L'eco di tuoni, un rapido sorriso
        Seppellite il mio cuore in una vuota menzogna
 
        Vuoto ricolmo di quiete
        piacevole il sogno gioioso
        soffice tocco di un cuore aperto
        dolce sentore di venti profumati
 
        Cio' che mi fa paura e' venuto ed e' passato
        Un giorno di fatiche
        una fredda notte d'inverno
        Riecheggia il pulsare del sangue
        rapido il sorriso
        Seppellite il mio spirito in un cielo senza stelle.
                   ("Notte d'inverno", Trad. di Camilla Novelli)
    
       Antonio Machado
         Oggi la carne intirizzita cerca
        tremante il rosso focolare al buio
        angolo. L'uragano al parossismo
        ruggisce e fischia, e l'albero stecchito
        s'abbatte nel giardino e sferza il muro.
        Piove dalla finestra dietro il vetro
        appannato le sera grigia e livida
        sembra ondeggiare nel paesaggio secco,
        e la nube lontana
        suda giallo pallore di defunto.
        L'oscuro cipresseto
        lungi nereggia e la pineta stenta,
        che si sfuma nell'aria annuvolata,
        svanisce sotto il freddo Guadarrama.
                          ("Inverno", trad. di O.Macr)  
 
Pablo Neruda
Giunge l'inverno. Splendido dettato
mi dan le foglie lente
vestite di giallo e di silenzio.
Sono un libro di neve,
una mano spaziosa, una prateria,
un circolo che attende,
appartengo alla terra e al suo inverno.
Crebbe il rumor del mondo nel fogliame,
arse poi il frumento costellato
di fiori rossi come scottature,
quindi venne l'autunno a stabilire
la scrittura del vino:
tutto passo', fu cielo passeggero
la coppa dell'estate,
e si spense la nube navigante.
Ho atteso sul balcone cosi' funebre,
come ieri con l'edera della mia infanzia,
che la terra distendesse
le sue ali sul mio amore disabitato.
Ho saputo che la orsa sarebbe caduta
e che il nocciolo della pesca transitoria
sarebbe tornato a dormire e a germinare:
mi sono inebriato con la coppa dell'aria
fino a che tutto il mare divenne notturno
e il rosso delle nubi fu cenere.
La terra vive ora
tranquillizzando il suo interrogatorio,
distesa la pelle del suo silenzio.
Io torno a essere ora
il taciturno che venne da lontano
avvolto di pioggia fredda e di campane:
debbo alla morte pura della terra
la volonta' delle mie germinazioni.
 ("Giardino d'inverno", trad. di G. Bellini)
         Alessandro Parronchi
           Fiochi albori rasentano la strada,
rigido il biancospino alle ringhiere
          delle ville deserte, un'eco solo
della lor vita rompono i latrati
          la pace della notte: ecco, una lampada
che nessuno ha sospeso arde, scintilla
          a un ignoto balcone.
E dai palazzi striscia nel lume
          di luna lontana
brigata, un soffio di scirocco porta
          rumore di fontane
da una valle scoscesa fra gli ulivi.
          Frammenti di bei giorni illuminati
e di prati portati via dal vento
          risorgono indecisi... Sara' giorno!
Altre luci piu' rosa giu' al crepuscolo
          son prossime, a me care
anime nel fruscio
          degli alberi sorridono in segreto.
                                                ("Ancora inverno")
       
       Aleksandr Sergeevic Puskin
        Gelo e sole; giornata mirabile!
        E tu sonnecchi, o mia adorabile -
        su, bella, di svegliarsi e' ora:
        dischiudi gli occhi di piacere,
        stella del nord fatti vedere
        incontro alla nordica aurora!
 
        Ieri sera era tormenta,
        e fosco il cielo, buia tenda;
        la luna, pallida chiazza,
        ingialliva fra nuvole gravi
        e tutta mesta tu sedevi -
        ma adesso... guarda alla finestra:
 
        sotto quel cielo azzurrissimo
        stesa la neve, al sole splende;
        soltanto il bosco nereggia,
        l'abete alla brina verdeggia,
        di ghiaccio il ruscello lucente.
 
        Una luce ambrata si posa
        su tutta la stanza. E' festosa
        la stufa che accesa scricchia.
        Al caldo bello meditare.
        Ma perche' non far attaccare
        la morellina alla slitta?
 
        Sulla neve del mattino,
        con l'impaziente cavallino,
        Mia cara, svelti scivolando
        vedremo i campi sterminati,
        i boschi, da poco spogliati,
        e quella riva che amo tanto.
        ("Mattino d'inverno",1829, trad. G.Giudici e G.Spendel)
 
        La bufera che il cielo ottenebra,
        venti di neve turbinando;
        come belva ulula adesso,
        ora piange come un bambino,
        ora sul tetto sconnesso
        la paglia, ecco, fa frusciare,
        ora, tardo pellegrino,
        al finestrino qui a bussare.
 
        La nostra annosa casetta
        tutta buia e mesta.
        E tu perche', o mia vecchietta,
        sei ammutolita alla finestra?
        Della bufera l'ululo,
        amica mia, ti ha affaticata,
        o sonnecchi dal ronzio
        del tuo arcolaio appisolata?
 
        Beviamoci su, amica cara
        della povera mia giovinezza:
        Beviamo tristi - qua il bicchiere!
        Il cuore ne avra' allegrezza.
        Cantami tu la cinciallegra
        che viveva di la' dal mare;
        cantami tu quella ragazza
        che alla fonte doveva andare.
 
        La bufera il cielo ottenebra,
        venti di neve turbinando;
        come belva ulula adesso,
        ora piange come un bambino.
        Beviamoci su, amica cara
        della povera mia giovinezza:
        Beviamo tristi - qua il bicchiere!
        Il cuore ne avra' allegrezza.
       ("Sera d'inverno",1825, trad. G.Giudici e G.Spendel)
     
        Dentro la nebbia a onde
si fa strada la luna,
        una mesta luce effonde
sulla mesta radura.
 
        Sulla noiosa via d'inverno
        va la trojka baldanzosa,
        tintinna la campanella
        monotonamente affannosa.
 
        Qualcosa di familiare
        nel canto del postiglione:
        ora baldoria che avvampa,
        ora dolore del cuore...
 
        Non c' e' un nero di capanna,
        non c'e' un fuoco, vuoto e neve...
        Soltanto i pali delle verste
        sopravvengono incontro a me...
 
        Noioso, triste... Ma domani,
        domani, Nina, da te saro',
        non smetter piu' di guardarti,
        presso il cammino tutto obliero'.
 
        Poi la lancetta delle ore
        il suo giro concludera',
        allontanando gli importuni
        la mezzanotte ci unira'.
 
        Triste e noiosa, Nina, la via,
        il postiglione si e' appisolato,
        la campanella e' una litania,
        il volto della luna annebbiato.
       ("Viaggio d'inverno", 1826, trad. G.Giudici e G.Spendel)
 
  Antonio Saba
        E' notte, inverno rovinoso. Un poco
        sollevi le tendine, e guardi. Vibrano
        i tuoi capelli selvaggi, la gioia
        ti dilata improvvisa l'occhio nero;
        che quello che hai veduto -era un'immagine
        della fine del mondo- ti conforta
        l'intimo cuore, lo fa caldo e pago.
 
        Un uomo si avventura per un lago
        di ghiaccio, sotto una lampada storta.
            ("Inverno")