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Agostino Barletta
- Malinconica sughera
- capace di fiorire
- capace di figliare
- di bisbigliare sobria
- e imprigionare il vento
- dimenando le fronde
- in un cullare lento
- come legno sulle onde.
- Sai castigare il sole
- che appiattisce il mondo
- e insidia ogni mistero
- celato in fondo alle ombre.
- Calda corteccia morbida
- aspro contrasto al tocco
- vivo polmone turgido
- vano pur come ciocco.
- Porgi la guancia ai bimbi
- a quelle mani tenere
- che saggiano i graffi ruvidi
- con solchi dogni genere,
- vano conforto fragile
- a questa tua solitudine
- che sogna il Supramonte
- dove sorelle immobili
- sussurrano in moltitudini
- e spiano mufloni fieri
- in zuffa per una femmina,
- dove caprai severi
- vigilano sopra il gregge
- e boschi millenari
- sono rifugio e legge.
- La sorte tua di sughera
- che bisbiglia nel vento
- sarebbe assai diversa
- se questo silenzio arcano
- potesse lenire appena
- i nodi del tuo tormento.
- Straniere le tue radici
- alla tua terra madre
- forestiera alla foresta
- priva di un bosco padre
- un poco ti consolano
- corse di bimbe ignare
- sorde ai tuoi bisbigli
- ma capaci di volare.
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("La
quercia che sussurra", Genova, dicembre 2006)
Alessandra Capocaccia
Quadri
Sembravi morta. E ancora affidi
all'aria
con l'ultima fronda contorta
lunghi sottili fremiti di vita.
Puo' mordere la sega i tuoi profili,
aggredirti la scure a colpi ciechi,
incenerirti la folgore.
Nulla ruba gli echi al tuo cielo.
- ("La quercia")
Federico
Garcia Lorca
- Alla tua casta ombra, quercia vecchia,
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voglio scandagliare la fonte della mia vita
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e togliere dal fango della mia ombra
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i lirici smeraldi.
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Butto le reti nell'acqua torbida
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e le ritiro vuote.
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In fondo al fango tenebroso
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stanno le mie gemme!
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Nascondi nel mio cuore i tuoi rami santi!
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o solitaria quercia,
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e lascia nella mia anima
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i tuoi secreti e la tua calma passione!
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Questa tristezza giovanile passa,
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lo so! L'allegria
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un'altra volta lascero' le sue ghirlande
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sulla mia fronte ferita,
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anche se le mie reti non pescheranno mai
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l'occulta gemma
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di tristezza incosciente che risplende
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in fondo alla mia vita.
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Ma il mio grande dolore trascendentale
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e' il tuo dolore, quercia.
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E' lo stesso dolore delle stelle
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e del fiore appassito.
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Le lacrime scivolano a terra
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e, come le tue resine,
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corrono sull'acqua del fiume
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che scende nella notte fredda.
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E anche noi cadremo,
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io con le mie gioie,
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e tu pieni i rami di invisibili
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ghiande metafisiche.
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Non m'abbandonare mai nelle mie tristezze,
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scheletrica amica.
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Cantami con la tua bocca vecchia e casta
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un'antica canzone,
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con parole di terra intrecciate
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all'azzurra melodia.
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Getto ancora una volta la rete
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nella fonte della mia vita,
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rete fatta di fili di speranza,
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nodi di poesia,
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e prendo pietre false fra un fango
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di passioni addormentate.
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Col sole autunnale tutta l'acqua
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della mia fontana vibra,
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e noto che senza piu' radici
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la quercia mi sfugge.
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(
"Quercia", 1919)
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