Il Giardino dell' Erba Voglio

La poesia di Jhon Keats  e le piante (o... animali)

      Alloro
        Svelti volano gli attimi, e finora
        nulla di sovrumano la mia mente
        attiro' in labirinti come quello
        di Delfi; pure cogliere vorrei
        un pensiero immortale per pagare
        il debito contratto col gentile
        Poeta che sul capo ambizioso
        mi poso', glorioso acquisto, due
        ramoscelli d'alloro: quasi pena
        di una tana ghirlanda essere conscio.
        Fugge il tempo, ancora fugge, e nessun sogno
        sorge splendido come io lo vorrei.
        Ma calpestato io vedo cio' che il mondo
        pregia di piu', i turbanti e le corone,
        e la regalita', pallida fatta;
        allora va inseguendo, tante sono
        le possibili glorie, le piu' strane.
                      ("Ricevendo una corona d’alloro da Leigh Hunt")
 
       Autunno
        Chi fra la tua opulenza non ti vide?
        Chiunque, andando, puo' trovarti a volte
        a sedere su un'aia spensierato,
        mossi i capelli al vaglio che fa il vento,
        o sopra un solco per meta' mietuto
        dormir profondo nell'intontimento
        che esalano gli effluvi dei papaveri,
        mentre la riva accanto il tuo falcetto
        risparmia e tutti i fiori ivi intrecciati
        e da spigolatore il capo a volte
        carico reggi, di un ruscello al guado;
        e ove il sidro colo', le ultime gocce
        segui', con pazienti occhi, ore e ore...
                                    (Da: "All'Autunno", II)
 
           Nocciolo-Papavero-Pettirosso-Salice-Vite
             Tempo di nebbie e d'uberta' matura,
              dell'almo sole amico prediletto;
              tu che, con lui la vite ti dai cura
              di far felice d'uve, intorno al tetto,
              e di pomi i muscosi alberi adorni,
              gonfi la zucca, e alle nocciuole un sapido
              gheriglio infondi, e i frutti empi di nettare,
              e ancor fai gemme, ultimi fior per l'api,
              ond'esse credon che coi caldi giorni
              sopra la terra estate ognor soggiorni,
              per cui trabocca ogni umida celletta:
            
             chi non ti ha visto tra le tue ricchezze?...
            Talor chi cerca scopre te: sei colco
            su un'aia, pigro, ventilanti brezze
            fra i tuoi crini asolando; o presso un solco
            mezzo-mietuto, mentre il tuo falcetto
            lascia di tagliar l'erba e i fiori attorti,
            t'infondono i papaveri il sopore;
            o, attraversando un rivo, il capo eretto,
            come spigolatrice, a volte porti:
            o, ad un torchio di sidro, gli occhi assorti
            tu fissi al gemitio per ore ed ore.
 
     Dove son, dove i cantici di Maggio ?
            Non pensarvi, hai tu pur tua melodia:
     quando affocando il di' che muor, d'un raggio
             roseo le stoppie opaca nube stria,
      un coro di zanzare si querela
            tra i salci fluviali, in basso o in suso
     spinte, secondo il vento cada o aneli,
            e dai poggi gli agnelli adulti belano,
     cantano i grilli, ed un gorgheggio effuso
     fa il pettirosso da un giardino chiuso,
            rondini a stormi stridono pei cieli.
                            ("All'autunno", trad. di M. Praz)
 
       Usignolo
        Via, via, voglio volare con te,
        non portato da Bacco e dai suoi leopardi,
        ma sulle ali invisibili della poesia,
          pur se la mente ottusa indugia e dubita
        io sono gia' con te! E tenera la notte,
        e la luna regina forse sul trono,
        nel coro delle sue fate stellate,
        ma non c'e' luce qui, c' e'solo
        quella che con la brezza soffia dal cielo
        per vie buie e tortuose nel verde muschioso.
                                   (Da: "Ode a un usignolo", IV)