La poesia di
Vincenzo Cardarelli e le piante (o... animali)
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Aprile
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Quante parole stanche
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mi vengono alla mente
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in questo giorno piovoso d'aprile
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che l'aria e' come nube che si spappola
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o fior che si disfiora.
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Dentro un velo di pioggia
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tutto vestito a nuovo.
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L'umida e cara terra
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mi punge e mi discioglie.
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Se gli occhi tuoi son paludosi e neri
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come l'inferno,
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il mio dolore fresco
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come un ruscello.
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Autunno
- Autunno. Gia' lo sentimmo venire
- nel vento d'agosto,
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nelle piogge di settembre
- torrenziali e piangenti,
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e un brivido percorse la terra
- che ora, nuda e triste,
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accoglie un sole smarrito.
- Ora passa e declina,
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in quest' autunno che incede
- con lentezza indicibile,
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il miglior tempo della nostra vita
- e lungamente ci dice addio.
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Febbraio
- Febbraio sbarazzino.
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Non ha i riposi del grande inverno,
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ha le punzecchiature,
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i dispetti
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di primavera che nasce.
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Dalla bora di febbraio
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requie non aspettare.
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Questo mese e' un ragazzo
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fastidioso, irritante
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che mette a soqquadro la casa,
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rimuove il sangue, annuncia il folle marzo
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periglioso e mutante.
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- Estiva
- Distesa estate,
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stagione dei densi climi
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dei grandi mattini
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dell'albe senza rumore -
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ci si risveglia come in un acquario -
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dei giorni identici, astrali,
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stagione la meno dolente
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d'oscuramenti e di crisi,
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felicita' degli spazi,
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nessuna promessa terrena
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puo' dare pace al mio cuore
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quanto la certezza di sole
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che dal tuo cielo trabocca,
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stagione estrema, che cadi
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prostrata in riposi enormi,
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dai oro ai piu' vasti sogni,
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stagione che porti la luce
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a distendere il tempo
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di la' dai confini del giorno,
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e sembri mettere a volte
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nell'ordine che procede
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qualche cadenza dell'indugio eterno.
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E ora, in queste mattine
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cosi' stanche
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che ho smesso di chiedere e di sperare,
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e tutto il giardino per me,
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per il mio male sontuosamente,
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penso agli amici che mai piu' rivedro',
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alle cose care che sono state,
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alle amanti rifiutate,
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ai miei giorni di sole...
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Gabbiani
- Non so
dove i gabbiani abbiano il nido,
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ove trovino pace.
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Io son come loro,
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in perpetuo volo
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La vita la sfioro
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com'essi l'acqua ad acciuffare il cibo.
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E come forse anch'essi amo la quiete,
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la gran quiete marina,
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ma il mio destino e' vivere
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balenando in burrasca.
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- Marzo
- Oggi la primavera
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un vino effervescente.
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Spumeggia il primo verde
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sui grandi olmi fioriti a ciuffi
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dove il germe gia' cade
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come diffusa pioggia.
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Fra i rami onusti e prodighi
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un cardellino becca.
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Verdi persiane squillano
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su rosse facciate
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che il chiaro allegro vento
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di marzo pulisce.
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Tutto color di prato.
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Anche l'edera illusa,
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la borraccina piu' verde
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sui vecchi tronchi immemori
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che non hanno stagione,
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lungo i ruderi ombrosi e macilenti
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cui pur rinnova marzo il grave manto.
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Scossa da un fiato immenso
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la citta' vive un giorno
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d'umori campestri.
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Ebbra la primavera
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corre nel sangue.
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Mimosa - Ulivo
- E' la Liguria una terra leggiadra.
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Il sasso ardente, l'argilla pulita,
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s'avvivano di pampini al sole.
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E' gigante l'ulivo. A primavera
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appar dovunque la mimosa effimera.
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Ombra e sole s'alternano
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per quelle fondi valli
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che si celano al mare,
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per le vie lastricate
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che vanno in su, fra campi e rose,
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pozzi e terre spaccate,
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costeggiando poderi e vigne chiuse.
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In quell'arida terra il sole striscia
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sulle pietre come un serpe.
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Il mare in certi giorni
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un giardino fiorito.
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Reca messaggi il vento.
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Venere torna a nascere
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ai soffi del maestrale.
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O chiese di Liguria, come navi
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disposte a esser varate!
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O aperti ai venti e all'onde
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liguri cimiteri!
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Una rosea tristezza vi colora
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quando di sera, simile ad un fiore
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che marcisce, la grande luce
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si va sfacendo e muore.
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("Liguria")
Ottobre
Un tempo, era d'estate,
era a quel fuoco, a quegli ardori,
che si destava la mia fantasia.
Inclino adesso all'autunno
dal colore che inebria,
amo la stanca stagione
che ha gia' vendemmiato.
Niente piu' mi somiglia,
nulla piu' mi consola,
di quest' aria che odora
di mosto e di vino,
di questo vecchio sole ottobrino
che splende sulle vigne saccheggiate.
Sole d'autunno inatteso,
splendi come in un di la',
con tenera perdizione
e vagabonda felicita',
tu ci trovi fiaccati,
volti al peggio e la morte nell'anima.
Ecco perche' ci piaci,
vago sole superstite
che non sai dirci addio,
tornando ogni mattina
come un nuovo miracolo,
tanto piu' bello quanto piu' t'inoltri
e sei la' per spirare.
E di queste incredibili giornate
vai componendo la tua stagione
ch'e' tutta una dolcissima agonia.
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Primavera cittadina
- Fra tuoni allegri e raffiche puerili
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la primavera mette i suoi colori
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e spiega la sua bandiera
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come una cerimonia militare
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che si svolge con qualunque tempo.
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Di giorno in giorno avanza
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l'irrompente stagione.
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E gia' la terra piena
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del suo passaggio
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e del suo fresco e molle detrito.
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Il biancospino fiorito e sfiorito
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aspettando la polvere di maggio.
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Gli alberi che vedemmo lungo il fiume
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tutto un inverno nudi
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hanno le foglie nuove e i tronchi neri.
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Una vita incredibile e segreta
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scorre in quei fiumi umidi e adorni
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di si' tenera chioma.
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A pie' dei vecchi muri
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le prode rinverdite
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son come carne d'adolescente,
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e si risentono i ruderi.
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Ma le orgogliose piante sempreverdi
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non conoscono primavera.
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Decorosa tristezza di quegli alberi,
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ornamento dei nostri giardini,
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che ottobre non depreda
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e aprile non rinnova.
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Insensibili piante. Sono pari
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ai monumenti cui fanno corona
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e non sospirano che il plenilunio
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e un usignolo che le consoli.
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- Settembre a Venezia
- Gia' di settembre imbrunano
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a Venezia i crepuscoli precoci
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e di gramaglie vestono le pietre.
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Dardeggia il sole l'ultimo suo raggio
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sugli ori dei mosaici ed accende
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fuochi di paglia, effimera bellezza.
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E cheta, dietro le Procurate,
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sorge intanto la luna.
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Luci festive ed argentate ridono,
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van discorrendo trepide e lontane
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nell'aria fredda e bruna.
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Io le guardo ammaliato.
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Forse piu' tardi mi ricordero'
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di queste grandi sere
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che son leste a venire,
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e piu' belle, piu' vive le lor luci,
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che ora un po' mi disperano
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(sempre da me cosi' fuori e distanti!)
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torneranno a brillare
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nella mia fantasia
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E sara' vera e calma
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felicita' la mia.
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