La poesia di
Alessandra Capocaccia Quadri e le piante
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Betulla
da un quadro di
G. Klimt (1903)
Betulle sottili, diritte
come alberi d'invisibile nave.
Nell'alto
chiome stranamente bionde
come in un quadro o in un sogno.
Alberi di una nave che non salpa.
Il miglior modo di viaggiare salire
quasi dal nulla verso ignote luci.
E le foglie parlano a mille
in un linguaggio forse diverso
da quello delle radici lontane.
Ma l'interprete esiste -arte o sogno-
a tradurre i fremiti in dialogo
dal basso all'alto, adagio,
dal quasi nulla alla foresta d'oro.
("Betulle", 13 gennaio '92)
Camelia
Una
camelia in piena fioritura.
Anzi forse matura perche' cade.
Trattenendo ogni petalo si unisce
alla morbida terra, all'erba lieve.
Corolla di velluto, capovolta.
Rimane qui per poco un breve segno
assimilato al ciclo e non e' perduto.
("Camelia", 12 novembre
'94)
Giardino
Sembri schiantato
a morte,
sradicato dal peso delle nevi
senza piu' segno dei profili antichi.
E torna il vento ma non sveglia voci
ch'io riconosca. Gli alberi sonori
imparano il silenzio fronda a fronda
in quel sonno, distesi sulla neve.
E torna il vento ma non sveglia suoni.
Ripassano gli uccelli ma lontani.
Sembri colpito a morte.
Non immagini ancora lo stupore
delle gemme rinate ad ogni ramo
quando sarai giardino al tuo risveglio.
Giardino
All'aurora un uccello
fremendo leggermente in mezzo agli alberi
risveglia foglia a foglia il tuo giardino.
E in te si snoda la lontana storia
dei giardini del mondo
Ombrosi queti luoghi alti su strade
alti su fiumi.
Un sogno, una parentesi
dove si cela timida la gioia,
dove il dolore di nascosto piange.
Simili, non uguali
ma tutti in verde veste.
Intanto quell'uccello inconsapevole
risveglia foglia a foglia il tuo giardino.
("Giardini", 26 agosto '96)
Inverno
Filtra la luce fra i rami
sempre verdi
del tuo piccolo
bosco. Sei protetta
dai vetri iridescenti della casa.
Se il blu si accende in cielo, ti conforta.
Ritrovi da lontano i tronchi antichi
fra cui ti nascondevi da bambina.
Sul filo di memorei anche presagi.
E a chi si sente stanco
per tremito alle dita e forse al cuore
il piu' gelido giorno
qualche volta promette primavere.
(21 febbraio '94)
Ippocastano
Oggi si sfrangia il tuo velario d'oro,
lenta
scende l'ultima foglia.
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Ti lanci a tronco libero e diritto
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verso i cieli autunnali, ingentilito
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dalle pure verghe dei rami.
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Torneranno le grandi fioriture
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i candelabri rosa accesi a festa
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sull'ampio tuo verde splendore ?
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Se al di la' dei velari che si sfrangiano
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l'anima non conosce le stagioni
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in penombra si affida a una promessa.
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Larice
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Per l'insidia sottile
di una sega
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dopo un brivido crolli.
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Largo il profumo dal mortale spacco.
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E subito l'accetta
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di ogni ramo ti monda.
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Saltano intorno scaglie come schegge
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da blocco scelto. E in nuvola solare
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vicini e attenti i bimbi
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del boscaiolo assistono col braccio
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a schermo dello sguardo sorridente.
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La sera
disorienta
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gli uccelli
all'orlo rotto della selva.
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In attesa del transito pel fiume,
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sotto croci di voli, sulla coltre
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d'erica in fiore dorme la tua cima,
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e da bianca ferita
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la rugiada s'imperla con la resina.
- ("Larice")
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Magnolia
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Sorge sul poggio
fuori dai cancelli
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l'albero tutto verde fino a ieri.
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L'aurora vi ha posato tra le foglie
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magnolie aperte, candide colombe.
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Su quel volo inatteso
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mi sorprendo a comporre un mio giardino
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con gli alberi scomparsi dell'infanzia:
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tasso, ciliegio,
pino, la
magnolia.
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Qui l'esile figura della nonna
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sulla soglia dell'ombra sotto i rami.
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Qui mio padre che stacca adagio i fiori
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senza sciuparne il cuore.
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Ogni boccio uno scrigno di tesori
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per i giochi. Gli stami
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flessibili cerini a testa rosa.
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Le foglie scintillanti vasellame.
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Sulla mensa odorosa
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ogni petalo coppa sensitiva
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che il tatto irrugginiva lungo il bordo.
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E la figura lieve della nonna
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che scorreva nell'ombra di quei rami.
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E il gesto di mio padre che coglieva
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come frutti quei fiori.
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Oggi lontano fuori dei cancelli
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l'albero che assomiglia a quello antico.
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E il tempo sulle foglie
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ancora posa candide colombe.
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Palma
- Eri appena un germoglio
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in un vaso di terra.
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Sei corona nel cielo.
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Sei colonna formata
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cerchio a cerchio dai molti
-
sacrifici di fronde.
-
Sei fontana di getti
-
sempre nuovi: sfreccianti
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e poi dolci e incurvati.
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Non maturi i tuoi frutti:
-
forse intatti li serbi
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ad altro clima come lento fiore.
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Non risuoni di uccelli:
-
solo intoni il silenzio
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sulle tue molte cetre come un inno.
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Sembri sola ma nutri
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di te l'edera in bende
-
cerchio a cerchio sui molti
-
sacrifici di fronde.
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Eri un germoglio chiuso
-
dentro un vaso di coccio.
-
Sei corona nel cielo.
- ("Palma")
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Pettirosso
- Non ha paura del gelo
(paura non ebbe del
sangue,
si dice, in quell'ore
lontana
e lo accarezzo' con le
piume).
Non ha paura dell'uomo.
Gli bastano piccoli
insetti,
una bacca, le briciole
sparse.
Alberi verdi trova
anche d'inverno.
E non sceglie in
anticipo i suoi rami:
affidandosi all'aria.
Con estro passa via
dall'uno all'altro.
La vita lo
accompagna.
("Il
pettirosso")
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Rosa
- Tu, rosa di tutta una vita:
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se il turbine a volte ti scuote
-
non osa strapparti alla pianta
-
da cui sei cresciuta e fiorita.
-
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E forse, mia rosa segreta,
-
neppure dal tempo sgualcita,
-
puoi scendere petalo a petalo
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in questo giardino che e' tuo.
-
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Cosi' qualche cosa vi prendi,
-
cosi' qualche cosa vi lasci
-
che e' solo in apparenza non vita.
- ("Rosa di
tutta una vita")
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Stagioni
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Ogni atto ha il
suo momento.
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Oggi in te le stagioni sono tempo
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di semina per gli altri. Vuoi piantare
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alberi, fresche siepi
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sulla cerchia dei muri rafforzati;
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alle pareti, a sfondo dei ritratti,
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scegliere toni delicati lieti;
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rivestire di luce la cappella.
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Forse col nuovo sguardo
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domani rivedrai
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dritti gli alberi crescere che avevi
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messi a frutto, e fiorire anche le pietre.
- ("Le stagioni")
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- Stagioni
- Piccola primavera
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durata appena il tempo di rapirti
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con dolcezza, e svanire
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lasciandosi alle spalle ancora inverno.
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C'e' forse una parentesi: l'estate
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in zoccoletti chiari e veste lieve.
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Oggi ho calzato scarponcelli estivi
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sola tra i monti per la prima volta.
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Estate breve. Autunno. Ancora inverno
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con ghiaccio ai muri: dentro come fuori.
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Poi sul ricordo del tuo viso fermo
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di nuovo, quasi in fuga, primavera.
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E mentre solitudine e' apparenza
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e le stagioni passano in figura,
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la tua musica dura oltre gli spazi
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e a volte un'eco scende.
- ("Piccola primavera")
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Primavera
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Era muschio
il tappeto
- sempre piu' denso dopo l'uragano.
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E tu -aurora dell'anno- primavera,
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mai cosi' a lungo attesa, non venivi.
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Noi orfani a tentoni
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fra oscurate memorie.
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Poi la sorpresa. Scegli
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il tramonto dell'anno -pieno autunno-
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per distenderti in luce trasparente
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su folte fioriture.
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Ti scordavi di te.
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Non ci avevi traditi.
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E libera ti affacci
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tra cieli, alberi, fiumi.
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Forse un'infanzia nuova ci regali
-
su tramonto sereno.
- ("Primavera", 20 ottobre '95)
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Primavera
Esplodono richiami:
i variegati azzurri, i verdi lucidi,
l'usignolo, la mammola, le
rose:
ma nulla che resista in apparenza
al declino del tempo.
Pure lo sguardo posa incatenato
L'effimero scompare: assolto il compito
che qualcuno gli affida.
Splende l'essenza agli occhi innamorati.
- ("Primavera")
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Primavere
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Bianchissimi i
capelli
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a spruzzarci di neve.
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Da bambina per gioco ti chiamavo:
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'Fratello, vieni; oggi nel prato i fiori
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gialli son folti piu' dei fili d'erba,
-
e' il prato tutto d'oro in questa acerba
-
primavera bizzarra'.
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Poi volano stagioni. Torna il tempo
-
delle verdi parole della terra
-
su capelli di neve.
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Non cambiato il cielo, non il gioco:
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'Fratello, vieni. Il ciliegio gigante
-
offre con bianchi grappoli
-
la veste dondolante
-
al respiro del vento'.
-
(24 marzo '94)
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Quercia
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Sembravi morta. E ancora affidi
all'aria
-
con l'ultima fronda contorta
-
lunghi sottili fremiti di vita.
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Puo' mordere la sega i tuoi profili,
-
aggredirti la scure a colpi ciechi,
-
incenerirti la folgore.
-
Nulla ruba gli echi al tuo cielo.
- ("La quercia")
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Ulivo
- Fu scosso
flagellato: fu spogliato
- predato. Vide attorno
ginocchioni
- le genti alla
raccolta del suo frutto.
- Riconobbe sul vento
il proprio aroma
- dal frutto altrove
franto.
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- Rimane con la croce
dei due rami
- divergenti dal tronco
- nel limbo
dell'argento impallidito.
- Esile dice: 'Pace'
- senza piu' frutto,
senza ancora il fiore.
-
("Ulivo")
Vite
- Mentre il superfluo togli
alla tua vite
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scegli con cura lentamente i tralci
-
e lasci - dove caddero- i recisi
-
che il tuo sguardo non osa allontanare.
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Cresce la pianta, e un giorno riconosci
-
con stupore nel folto dei germogli
-
i tralci che sembravano perduti.
- ("Cresce la pianta", 6 ottobre '91)
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