Il Giardino dell' Erba Voglio
 
La poesia di Agostino Barletta e le piante (o... animali)
Airone
Immobile in agguato,
il collo contro il vento,
assaggio sul palato
il gusto del momento,
l’ ombra delle mie ali
si staglia sullo stagno,
mosso come il fremito
della tela del ragno,
raggelo l’acqua fredda,
ne altero il colore,
come ombra di  luna
nell’ eclissi di sole,
si gela il mondo intero
nell’ occhio predatore,
affondo le mie zampe
dentro al fango incolore,
ignoro l’acqua gelida
il tepore del sole,
si fa arco il mio collo
e si tende potente,
si fa freccia il mio becco
che scarica il fendente,
in un guizzo da lampo
sgorga morte e dolore,
dalla preda impotente
cibo ristoratore.                             
("Airone", Genova, marzo 2006)
Amareno
Allorquando ab initium la istate
e longhe devengono le iurnate
 
Ceresie acre cum dovitia  torrai
Et cum patientia nucleus colierai.
 
Por chilo de ceresie peserai
six hectos de sukkar adgiungerai.
 
Coceria in illo focus ardiente
Et gusterai sanza laxare niente.
          (Anonimo Medievale, "Suavis nectar de ceresia amara")
Arancio
Tollerai in lo pleno hiberno  tiempore
da lo virido de narang arbore
 
tanta succosa fructa et colorata
     et pungerai corticea cum furcata
 
indi lasserai tres dies et tres noctes
in renovata aqua omnis die plurisques.
 
Sinza semen in offette talierai
le narang cum corticea et peserai
 
cum iusta bilanx et aequilibrata
omnis tres chilos de narang taliate:
 
tres chilos de sukkar et tres limone.
At  foco cocerai tal commistione
 
por tot clessidre ad justa consistentia
      pro gustar cum bastante reverentia.
(Anonimo Medievale, "Regia mistura de narang")
Ballerina gialla
   Ondeggi sul torrente,
tra schizzi di corrente
padrona delle pietre,
un volo ch' e' capriccio,
schizzato nello spazio,
d'un cielo malaticcio.
   Garbata ballerina
sfoderi dentro al petto 
un grigio d' alba fina,
rubi alla tua maniera
il giallo alle primule
dell' altra primavera.
   Ogni passo di danza
e' dolore e destino
che confonde le prede
catturate di slancio,
mentre l'' ultimo ballo
si fonde con il primo.
   Ti sei vestita a festa
di giallo canarino
e oscilli su una coda
distante dalla testa,
concedi questo ballo
a un magro moscerino,
futura gaia preda
nel sole del mattino.
(Genova,"Ballerina gialla",  ottobre 2013)
Betulla 
   Questa brezza leggera
mette paura
alle foglie tremolanti della betulla
ma nutre il nostro respiro
in questa fine estate afosa.
   Quanto ho creduto che settembre
fosse l’inizio dell’autunno,
confondendo le date
con i battiti del cuore.
   Dopo questi decenni
il mio cuore ancora
si scalda al tuo tepore
e quella brezza leggera
rallegra la nostra sera
e alimenta le nostre voglie,
mentre la pianta di betulla
rinuncia triste alle sue foglie.
          ("Betulla settembrina", Gilly sur Isère, 27 ottobre 2020)
 
O bianca betulla,
sei bianca di neve,
sei nuda di pelle
e nuda di foglie;
tu guardi la luna
a guardia del prato.
Sei priva di sole,
di gioia e colore,
sei reggia di ghiri
coi loro sospiri.
    Tu voli nel vento,
nel cielo contento;
se marzo ti coglie
avara di foglie
ma ricca di fiori
dai lievi colori;
fai ombra d’aprile
al dolce dormire.
("Gennaio di betulla", Mercury, febbraio 2019)
Biancospino
Molti onorano i tuoi fiori
e ne apprezzano il profumo
l'Averla sola sfrutta le tue spine
abbi pieta' per le sue vittime
crocifisse nude sotto il sole
saranno cibo per la sua prole.
( Genova,"Biancospino", marzo 2008)
 
Cappero
Boccioli mai sfiorati in quel di maggio
forte la voglia, povero il coraggio
fiori di cappero a giugno in giardino
calici bianchi colmi di turchino
in poche ore li trovai riversi
sparsi nel prato, dal vento dispersi.
Seni sbocciati  e mai visti scoperti
baciati solo in sogno ad occhi aperti,
quei frutti gonfi sono ormai maturi
per i tuoi gioiosi giorni futuri
fiere polene di un caro ricordo
dolce bagaglio di un vecchio balordo
che invano s’illuse in un giorno solo
d’accarezzarli, cogliendoli al volo.
Ma quelle tue grazie per me segrete
si ergeranno un giorno assai forti e liete
gonfiandosi di dolce e bianca linfa
di certo degne di una vera ninfa.
(Genova, "Endecasillabi baciati ai… capperi", giugno 2006)
 
Giallo di caprifoglio
che rischiari la mia soglia
distribuisci al mio amore
il gusto dei tuoi fiori
addolcisci col tuo miele
l'amarezza del suo fiele.
(P.N. del Cilento, "Caprifoglio",   giugno 2008)
Castagno
Mentre le folia d'arbore a ciondolar
viderete fra il  cadere ed il restar,
 
in justo tempore sarete totus
a piliar de lo castaneus los fructus.
 
In cista colligerete plus bellis
por spoliarle de la premiera pellis.
 
Inde su lo foco le appodierete
cum sukkar, vainilla et cocerete
 
pro tempore de una clessidra exscarpa,
not varicando una ratione excerpta
 
de sukkar por una ricca de marrones.
Quid gusterete pro multes stationes.
(Anonimo medievale, "Suavis conserva de castanea")
Cicala
   Ci fu un tempo
in cui rincorrevo le cicale,
la retina per farfalle
poggiata sulle spalle,
facevo un sogno anche da sveglio
di ripopolare quel giardino
che battezzammo l' Erba Voglio.
Quell' estate i loro canti
invasero le orecchie
assordando  bambini
mentre la ganascia succhiava
corteccia di biancospini.
   Ma assai breve fu la storia
e rapida fu la guerra
che' alla fine dell' estate
se ne tornarono alla terra
a succhiare per quattr'anni
dolci radici, scarsi i danni.
   Ritornai a rincorrere cicale,
tra carpini e biancospini
mentre ripresero a succhiare
cavando cibo per formichine
e ritornarono a cantare
rintronando i piccolini.
   Ed ogni anno che vien luglio
il concerto si ripete:
una cicala per cespuglio
dolce linfa per formiche,
che' il canto rende fichi
e puo' sfamare anche i nemici.
(Genova,"Cicale e formiche",  luglio 2015)
 
   E vi-va vi-va vi-va
un guizzo
un volo e via.
Un nome
una condanna
a eterna allegria.
   Precedi l'alba
e canti il ritmo
del tuo respiro
   Ospite
noto e atteso
di un'altra mia vita offesa.
   Presenza
certa e gradita
di questo giardino gremito.
   Torni
regolare al nido
a nutrir vita futura
   Forse
sospetti  sorte
di quelle brevi esistenze
che ridan vita con morte
   E vi-va vi-va vi-va
un guizzo
un volo e via.
Un nome
una condanna
a eterna allegria.
(Genova, "Cinciallegra", maggio 2007)
Ti beffi di primavera
e fai felici tutti
ottobre di Corbezzolo
carico di fiori
e gravido di frutti.
        (Genova, "Corbezzolo",  aprile 2008)
Erica 
   Muntému sü cun fadiga
all’ ùmbra dé gròsse urxe,
in mèzzu a quàrche urtiga,
sutta quéllu bòscu de pin.
   Fadighému cùmme mue,
nu veddemu ciü u su,
mèntre e ùmbre i se fàn scüe,
  urxe nu ne puémmu ciü.
   Quéllu fante vògiu turnà
quànde cu’ quelle urxe sécche
g’açendéimu u nòstru fuguà
pé cöxighe de’ bistécche.
   Ghe fàmu anche de’ spasòie
pé pulì in tüttu u ciassà,
sènsa spènde ‘na palanca,
e dòppu se ghe puéiva mangià.
   Quell’ uméttu u me piaxéiva:
u travagiàva a pé de Legnà
e u pulìva tutte e réixe
de urxe, cugìe sutta u Muntà.
   U ghe fàva tante pippe,
belle, riunde e cuscì gròsse,
pé puéi fümà cùmme lìppe
pé rinfursàse anche e òsse. 
("Umbra dé urxe", Fontona, 8 novembre 2020)
Faggio
Faggi
grigi e immobili
crescono
lenti e nobili
signori del bosco
e cacciano
castagni antichi
compagni di vita e di morte,
alimento
della buona sorte
per contadini montanari.
Faggi
centenari,
nuovi custodi dei boschi,
sentinelle di sentieri
ormai nascosti,
virtuosi  concorrenti
di sassi e pietraie,
abili  inventori
di arcane ombre
nei torrenti. 
("Faggi di Sassaia", Sassaia, luglio 2002)
 
Faina
Faina dove te ne vai
signora della notte
dannazione dei pollai
Tu che possiedi mille sentieri
sulla punta dei tuoi artigli
rivelami i misteri segreti
delle tue notti inquiete
delle fatte sulle pietre
all' odore di muschio.
E' per te  naturale inclinazione
la caccia caparbia e ostinata
supremo grado di perfezione.
Tu che aspetti la preda appostata
soppesandola sull' orlo dei tuoi occhi,
tu che ami chiacchierare con gli alberi
raccontami i sussurri dei loro rami,
tu che hai fatto innamorare il vento
delle giovani fronde del querceto
insegnami a cavalcare per un momento
sulle ali del mio sogno segreto.
(Sardegna,"Faina",  luglio 2006)
        Falco Pellegrino
Ombra nel freddo mattino,
scheggia fendente
nel cielo azzurrino,
emozione fatale
che assale la preda impotente,
frazione di istante
in cui si gioca il proprio destino,
fulmine privo di tuono
che squarcia il cielo sereno,
lama tagliente
che lacera corpi
come ruote di treno
e ruba la vita in un attimo,
potente come veleno.
Quegli artigli senza riposo
si placano solo un momento,
quando la sposa sfiora lo sposo,
e le unghie s'intrecciano
come spine in un mazzo di rose.
Nascera' un pullus indifeso
quale frutto generoso
di quegli istanti ben spesi.
Bersaglio di una sorte segnata 
la misera preda risorge
come cibo di nuova covata
e, brano a brano,
alimenta una vita.
(Genova, "Pellegrini", febbraio 2005)
Ficus macrophylla
    Selva di corde tese
armate di radici 
a caccia di terreno,
pertiche da palestra,
tripudio di colonne
diritte ed eleganti.
    Albero di tutti,
per grandi e per fanti,
spazio di caverne
per bimbi gioiosi,
che doni la tua ombra
a questo giardino,
che incanta
e ci circonda di colori e profumi,
mentre i canti dei merli
precipitano a valle
dalle tue lucide chiome
ed il nido dello scricciolo,
tripudio di muschio,
sopporta a fatica
quell’unico gorgheggio trionfale
del suo padrone,
che sovrasta lo zampillo
di timide fontane giocose.
Magico luogo,
nuova patria conquistata
da specie migranti del suolo
che misero radici
in questa colonia
e mai più prenderanno il volo. 
("Ficus columnaris in giardino", Centro acclimatazione di Orotava, 9 maggio 2017)
Finocchio selvatico
Dolci tenere fronde di finocchio
consacrate ad un' unica missione,
apprezzata senza dare nell' occhio:
rimpinguare bruchi di macaone.
(Genova, "Finocchietto selvatico", ottobre 2008)
Gelsomino giallo
Per undici mesi
germogli nell'ombra
infine inatteso
ti sboccia un sorriso,
ti accendi di giallo
in fondo al giardino,
rischiari un febbraio
coperto di brina,
appena ti curi
di un cielo da neve,
mutar di stagioni
ti cresce nel cuore,
il sonno e la veglia
la festa di giorni
ti vivono dentro
ignorano il clima
trascurano il tempo.
Giornate di sole
di torva tempesta
cadenzan  la vita
di tanti tuoi pari,
e tu le contempli
le inondi di luce
ne orni le voci.
Giallo da primula
invade i tuoi rami
un soffio vitale
disintegra il gelo
ci guida per mano
lontano d' inverno.
Rivela il segreto
di tale perizia,
noi tronfi di boria
chiniamo la testa
se un velo di nubi
si spalma nel cielo
ignari custodi
di quel che ci resta
del nostro pianeta
ridotto in sfacelo.
(Genova,"Gelsomino primulino",  marzo 2008)
  
Glicine
   Lo schioccare dei semi,
marchio di freddi estremi,
accarezza l' udito
nel silenzio gradito.
   Dalle fronde nodose,
contorte e vigorose, 
prorompe la criniera
sul far di primavera.
   La frescura che incombe
mezzo cielo nasconde,
nel mare di riccioli
di profumo in grappoli,
   mentre un tenero rosa,
di petali da sposa,
adorna il pergolato
nelle sera infocata.
   E' febbre di un fiore
tra fragranza e colore
che da' fuoco alla mente
con richiamo suadente.
(Genova,"Glicine",  gennaio 2013)
Issopo
Raro riservato issopo mal noto
carico di un aroma tanto amato
ti scoverò sul pascolo remoto
in vetta alla salita mozzafiato.
(Genova, "Issopo", aprile 2008)
 
Jabiru'
Incombe il tramonto,
ubriaco dei vostri vortici
vi osservo da questa roccia
comparire dal nulla
ed e' subito stormo.
L' incanto della palude
magicamente vi riproduce.
V olate alla giungla
un albero gigante vi aspetta,
nel sole che scende
il bianco delle ali si indora
il bavero rosso si incupisce,
teste nere da incappucciati
in viaggio verso antri segreti
riti d' acqua d' aria e di foresta
che'  la terra non vi tocca
non e' affar vostro volare da basso,
il sole vi favorisce
solo a mirarvi bisogna sfidarlo,
il nido come casa eterna
da difendere con becchi affilati
anche voi grandi e timidi,
gli ultimi oramai,
e tutti noi un po' piu' soli.
(Costarica, P.N. Palo Verde, "Jabiru'", novembre 2007)
    
    Rincorrersi di bambini
tra altalena e ciclamini
nel prato bagnato.
Timida raganella di marzo
che osi presentare il tuo canto
sparso.
    Prima sera tiepida
di primavera
che accogli
l�anticipato  risveglio
di un pipistrello stropicciato.
    Una brezza leggera
si e' appena  spenta
sui prati di Begato.
Immobile
nel tramonto perduto
la cima del salice
sorregge
l' ultimo canto
di un pettirosso attardato,
indeciso
tra indolenza e commiato.
(Genova, "Marzo all' Erba Voglio", marzo 2002)
      L' Erba Voglio
    Cresce
    la lanterna sullo sfondo, mentre
    nel sottile ghiaccio dello stagno,
    un pesce,
    si specchia del suo mondo.
        Col primo canto di addio
    di un pettirosso livido
    si allontana un  febbraio gelido.
        Nuvole e piogge marzoline minacciano,
    senza troppo danno,
    auguri e risate di bambine in festa
    per il primo compleanno.
        La sabbiera in aprile
    ricolma di piccini
    tra l’ombra del pioppo
    e l’aquilegia gentile.
        Festeggia la ruta
    il sole di maggio
    e nutre i macaoni infanti,
    silenziosi e  ingordi,
    incuranti
    dell’ingorgo di tricicli rumorosi.
        Erbavoglio di giugno
    la sera,
    ubriaca di ligustro in fiore, canta la raganella,   
    sincera.
        Dietro l’ultimo singhiozzo
    di bambino
    si chiude il cancello del giardino
    e si distende,
    come l’ombra del nespolo nell’orto,
    nel tramonto di luglio,
    il silenzio risorto.
        Fine agosto
    consegna uva fragola agli ospiti,
    in cesto.
        Settembre, la prima foglia
    scivola sui sassi dello stagno,
    silenziosa si tuffa a fare un bagno
    … e non ne ha voglia.
        Pioggia e vento d’autunno
    straziano di ferite dolorose,
    quasi sorrisi amari,
    gli ultimi melograni
    …rari.
        Riposa a dicembre il prato
    per rinascere col nuovo anno
    in attesa dei passi barcollanti
    di nuovi piccoli amanti.
      (Genova, "Mesi d' Erbavoglio", gennaio 2002)
 
      Arranca
    sull’ultima curva,
    di una radice d’ulivo,
    una chiocciola
    felice.
    Gocciola ancora
    lo scivolo,
    tenue miraggio
    di un gioco sereno,
    dopo l’ultimo scroscio
    di pioggia.
       S’impregna nel prato,
    come una spugna,
    il piede malfermo e guardingo
    di un bimbo
    sfuggito agli occhi del nonno
    che invano s’ingegna:
    -Ora andare bisogna !-
    Non convince
    il bambino che frigna.
       Ritrova
    in queste strade
    cosi' avare di pozze,
    il piacere di pucciare,
    con passo traballante,
    due nuove babbucce
    fiammanti.
      Scende il silenzio,
    col buio
    sale intenso
    il profumo del prato tagliato,
    l’ultimo merlo affamato
    sradica un verme
    tra l’erba bagnata.
    (Genova, "Pioggia all'Erba Voglio", febbraio 2002)
 
L' Erba Voglio
     Il giardino entra in sonno,
la camelia in fiore
d’autunno,
lo veglia.
Il fagiolo del glicine
scoppietta,
sogno il ceppo sul focolare
e… non ho usato l’accetta.
     Novembre,
folate di foglie
inquiete di tramontana,
in cerca di una tana.
      Dicembre, sgocciola
nello stagno
l’ultima foglia,
sospesa,
al ramo del tiglio.
    Illumina l’aiuola
il primo narciso di febbraio.
Come lampi di sole,
i guizzi da trapezista
della ballerina gialla
confondono la vista.
(Genova, "Riposo d'erba voglio", febbraio 2002)
L' erba Voglio
Quel tuo transito breve
fu un attimo appena
nella tua giovane vita,
ma traccia profonda
tra le aiuole fiorite.
Hai regnato ridente
tra i bimbi, bambina,
e, senza farti sedurre
dal profumo dei fiori,
hai colto in giardino
un rosario di amori.
Il rimpianto dei grandi,
la nostalgia di piccini
nel futuro degli anni
ti saranno vicini.
Ma i ricordi di ieri,
ancor freschi del riso
dei tuoi occhi sinceri,
ci sollecitano oggi
a offrirti gli auguri
di rinnovate conquiste
di studio, di vita
di lavoro e d’amore,
di cose mai viste.
Se il tuo “straordinario”,
appena svelato
in questo bel prato,
saprai coltivare,
quel fiore sbocciato
l’intera tua vita
potra' profumare
e l’ Erba Voglio
vantarsi un pochino
di avere cresciuto
la pianta piu' splendida
di qualunque giardino.
(Genova, "Transito breve", 13 ottobre 2006)
          
       Libellula  
Libellule che danzate sullo stagno
il vostro canto d'amore
concedete uno sguardo fugace
alle foglie di giaggiolo
che culleranno nel vento
i vagiti delle vostre neanidi.
(Genova, "Danze di libellula", aprile 2008)
 
        Eterea libellula
   creatura evanescente
    figlia di una larva unica,
    che sa congiungere
    il cuore con la mente (1)
    e, senza confondere
    peto con sospiro,
    capace di scoreggiar con l’ano,
    come pure trarne respiro. (2)
      Lei che mille padroni di cani
    saprebbe render felici e contenti,
    e' sola a conoscer l’arte
    di far fagotto
    con i suoi escrementi.(3)
       Lei che ha imparato,
    nella realta' dei fatti,
    a viver dodici vite
    assai piu' dei gatti. (4)
      E la sua orrida maschera ben conosce
    le virtu' dell’apparenza
    tanto da insegnare a tutti noi
    che non se ne puo' fare senza.(5)
     Lei che nel buio fango (6)
    vive predando,
    sa procurare vita al cielo,
    ogni volta che libellula diventa,
    sfarfallando.
    (Genova,"Madri di libellule",  dicembre 2002)
******
(1)       Le larve sono munite di un organo temporaneo: il cuore cefalico.
(2)       La respirazione avviene mediante branchie situate nel retto.
(3)       Gli escrementi sono ben avvolti in un sacco muccoso.
(4)       Le larve subiscono una lunga serie di mute: da undici a quindici.
(5)       L’apparato predatorio, indispensabile per la sopravvivenza delle larve, denominato maschera.
(6)       Molte larve amano vivere nelle acque fangose degli stagni, tutte sono sempre lucifaghe.
 
Limone
Allo cadere de l' ultima folias
dalla viridis planta tollerete
de limum  maturum  eaquas  quantitas
cum fortis attentionis polirete.
 
Et talierete in offette subtilis,
a pena cum aqua cooperirete
por uno integero diurnum et noctis
indi una media ora cocerete.
 
Aequalis quantitas aggiugnerete
de lo sukkar  ipsum quantum de limum
ad bisonium in ipsa aqua cocerete
et appretierete cum magnum gaudium.
("Marmelada de limum", Anonimo medievale)
Maggiorana
   Téivu baxòu a dritta
téivu baxòu a revèrsa,
ma sulu a Còlla de Gritta
ho respiòu quell’ erba pèrsa.
   D’alua nu ho capìu ciù ninte
ho missu a testa ‘n du paiö’
e ho respiòu sciue tinte
chi galezàn drèntu a u cö.
   Anche u savù du purpetùn
u me ricorde u tö facìn
e mé sèntu cùmme ‘n carbùn
lasciòu fumà drèntu a u camìn.
   Da Levàntu finn-a Sèsta
fémmu a mênu du baxeicò
che’ u péstu u se fà cu’ a persa:
i dìxan ch’u fa bèn au cö.
L’èrba persa mé amù
a prufűmme a mé vita
che a se ascâde au tö su
cun àia vìva e pulìta.
           ("Erba persa", Fontona, maggio 2019)
     
Maggiociondolo
   I fiori a lanterna
scimmiottano glicini,
ubriachi di giallo
rischiarano i monti
nel bosco di maggio.
   Il velluto di petali
rammenta dolcezza
dei fiori d'acacia,
un giallo di ebbrezza
che stilla veleno
uccide qual lampo
a cielo sereno.
   Quei fiori di maggio
quei ciondoli doro
tra morte e bellezza
tra lutto e decoro.
( "Maggiociondolo", Genova, marzo 2009
Mazza da tamburo
Nuatri fanti picìn,
figgi de contandìn,
tűtti a cugì e  uive,
pé mangià, pé vive.
In cu e man zeè
in cu fréddu ai pé,
e braxe in du paiő
pé scadàse in pò.
A l’è ‘na vita magra
in stà tèra agra,
difìsile truvà
u tèmpu pe’ zűgà.
Quande u cavagnu u l’è pin
anemmu pe madunin,
curimmu in sű a cianétta
a sércà tra l’erbetta
i funzi dal’udù de nisőe,
grandi cume de’ rőe.
Masse da tambűu
da sunà  tra u cièu e u scűu,
pé fa’ ‘na fàina gianca
da vende pé ‘na palanca,
legera cùme ‘na ciűmma
savuìa cùme ‘na crémma
e turnemmu a ca cuntènti
alégri cùme fanti.
 ("Ana’ pe’ madunin, Fontona, gennaio 2016)
Melo cotogno
   Vi osservo curioso
gialle solari e pesanti
tramutare con forza ogni ramo
in piccola altalena volante.
   Figlie di minuscoli semi viaggianti,
dono di amici antichi,
piccoli germogli preziosi
che crebbero, nutriti d' affetto,
in un magico giardino incantato
fino a stabilirsi nel nostro campo.
   E posso accarezzare ora
il vostro giallo vellutato
che si trasformera'
in conserva saporita,
dolce favorito
di un amico spezzato,
da un colpo solo della sorte:
il suo ricordo vi donera' sapore
ben oltre la morte.
(Genova, "Mele cotogne", 26 settembre 2015)
Menta  
Muntavu sű in du vièlu
pé andà a sércà di mièli,
u su u stàva pé spuntà,
tra i munti surva u canà,
quànde t’ho sentiu cantà
cun quella vuxe cèa,
allegra cùmme u mà
quànde gh’è bassa marea.
   Ti vulàvi sű pé i scaìn
legera cùmme ‘na ciűmma
e duse cùmme in lupin.
   In da valle dé Pignun
me n’andàvu cu’ bastùn,
u cavagnu pin de mièli
a scruvì atri vièli.
   A tő vuxe cuntènta
e m’entrà drèntu a e òsse,
cùme ‘n forte udù dé mènta,
cu’ e fògge larghe e grosse.
   Ŏuva sògnu ‘stù prufűmmu
da zenà fìnu a zűgnu.
("Prufűmmu de mènta", Fontona, giugno 2018)
Mirto
Da tempo correvamo in quella macchia
felici di goderci tanta pacchia.
I candidi fiori di mirto in maggio
inondavano l'aria di coraggio.
Passammo in attesa tutta l'estate
gustando il sapore di marmellate,
ma fine settembre giunse intrigante
rifiorI' il mirto di fiori briganti
e la nostra attesa prosegui' ancora
sognando di bacche alla buonora,
finche' l'autunno ci servi' l'onore
con le bacche nere piu' delle more,
assieme a marmellata dolce e scura,
e rientrammo in macchia senza paura. 
("Rifiorire di mirto", L' Erba Voglio, maggio 2021)
More 
Quando lo sole d' augustus cocente
rintrona in toto lo corpo et la mente,
 
cum tanta patientia et certi dolori,
torrai alli rovi fructi maturi.
 
Laverai lo tuttus cum bona cura,
metterai in pentola a pria bollitura,
 
tollerai indi li semen cum saetacio.
Tres partes de sukkar, not a casacio,
 
omnis quater de more miscerai,
totus in granda pincta cocerai
 
et  donerai tale  sacra mistura
in odierno die, tam in fuctura.
("De li rovi sacra mistura",  Anonimo medievale)
     
Nespolo selvatico
Ignoto ai piu'
rubi raggi di sole
sulla soglia del bosco.
Modesto in tutto
ostenti appena le tue spine.
Rinunci alle tue foglie
nel mezzo di novembre,
nudo dei tuoi frutti
adagiati pigri nella paglia
ad ammezzire con l' inverno.
Capace di barriera contro il vento,
guardiano di sentieri inesplorati,
suoni leale il tuo strumento,
concorri alla sinfonia della foresta,
nello stallo piatto da macaia,
e nei giorni grevi di tempesta.
(Val Borbera,"Nespolo selvatico",  dicembre 2009)
Ninfea 
   Gorgoglio di colori
poveri di suoni
colmi di odori
che guizzano nello stagno
e ci conducono a Monet
ed alle sue tele di ragno.
   Rosa di ninfee
sotto foglie cadenti
su acque prive di onde
e alberi prudenti.
   Se appena chiudo gli occhi
per entrare nel mio sogno
ritrovero' i ranocchi
del mio ruscello bambino
dove il tempo si smarriva
tra le pietre della riva
ed il ritorno nella sera
lungo il viottolo del paese
per ritrovare la vita vera
di un'infanzia senza pretese. 
 ("Rosa di ninfee", Genova, 29 giugno 2020)
Noce 
Chi e mettéiva in riga
chi e mettéiva in cruxe
i me pàivan nissöe
i l’ éan pròpriu  de nuxe
In sü a ciassa du paise
pusè ‘n sü a téra nüa
pruvémmu a caciale zü
na gara in da  püa.
A chi ne pigge ünna
ghe tucche tütta a riga
chi perde u l’è tarlüccu,
che vinse a l’è fadiga.
In zögu da merènda
c’u faià  finì  l’estè
c’u faià pasà u cadu
ma sènza béive tè.
Pe’ gudéise u mumèntu
da fine de partìa
tütte quante ‘e nuxe
‘e sciachémmu cun ‘na pria.
E s’e mangémmu asémme 
chi à persu e chi à vintu
sènsa fa diferènse
u’e spèlle u ciü cunvintu.
In da ciassa du pàize,
tütta lìscia de ciümèntu
pina de màchine parchegè,
òuva e nuxe i stan cueghé.  
("Zügamo ae nuxe", Fontona, 22 novembre 2015)
Ricami i tuoi di fiori di pizzi e di trine
che adornano marzo vestito di brina
e la tua corteccia rugosa ed antica
sequela di canyon per ogni formica.
Verranno le foglie col sole di aprile
alla tua ombra sara' dolce dormire
cullati da nenie di grasse cicale
fiutare l' odore salmastro di mare.
(Genova,"Olmo", luglio 2008)
Ombù
Ombra attesa
vigile sentinella della pampa
mai arresa
oscuro miraggio all’orizzonte
gigantesco fantasma solitario
occasione di incontro ritrovata
per vite che si incrociano un  istante
unico testimone di ogni evento
docile nella tempesta
come siepe di canne ingoiavento
rifugio di naufraghi volanti
persi dentro al sole
e salvati in un momento
da oscure fronde misteriose.
Tra robuste radici contorte
e tracce di Peludo numerose
risuona nel cavo del tuo tronco
l’eco di saghe norvegesi
dove la corsa del sole all’orizzonte
si arresta per l’inverno
e un crepuscolo quasi eterno
un’anticamera di sogno
rimescola le carte della mia mente
mastica il passato con il presente
e intreccia i tuoi destini
a questa terra nuda senza confini 
("El Ombù", Cordoba, agosto 2005)
Origano 
   Te credeivu Erba persa
ti éi invece Cornabűggia,
t’ho rìtruvou in du vièlu
pé andà a Gambatiggia.
   Te sércavu da ‘na vita:
pasàvu sutta u tő barcùn
cantàndu a stèssa cansùn:
“Cornabűggia udù dé mà
te vegniò sénpre a sércà
pé respià u tő profűmmu
e miscciàlu cu’ Retűmmu”
 (Amù de Cornabűggia)
Pettirosso
Lasciarsi descrivere dal pettirosso
le fresche avventure del nord,
fantasticare
la sua breve intensa estate
la ricerca della femmina
le fatiche del nido
le notti sempre fresche
la brina precoce
e le piogge intermittenti
che ti gelano le ossa,
il viaggio verso sud
rincorso dai temporali,
e scoprire
che un fitto groviglio di rovi,
in un boschetto dietro al Righi,
ha comodamente nascosto il suo nido
ed ora e' sceso a svernare
all’Acquassola
solo per far quattro passi
in Riviera.
(Genova, "Fine settembre", marzo 2003)
   Vent' anni varcati da poco,
l'autunno sommerso di foglie,
nel bosco l' amore e il suo gioco
all' ombra degli alberi spogli.
   Un guizzo ed un lampo di rosso,
curioso ci guarda negli occhi,
tentato dal verme nel fosso,
un balzo ed e' pranzo coi fiocchi.
   Vent 'anni e quel guizzo e' mistero,
smarrito il modesto sapere
di bimbo cresciuto su un pero.
   Ma lo sguardo s' alza curioso
e il ventenne scopre d' avere
dentro al cuore un fine virtuoso.
   Natura diventa progetto
dove lotta unisce passione
e quel rosso vivo sul petto
s' accende d' un fuoco, padrone
di battaglie nuove esaltanti
che nutron speranze inattese,
nell' avvio di quegli anni settanta.
(Genova, "Per un pettirosso curioso...", il di' che inizio' il mio BW)
Pioppo bianco
   Pioppo d' estate
fronde d' argento,
cime inviolate
magico evento.
   Spazio d' amore
ombra per bimbo,
giochi e sudore
col cielo lindo.
   Pioppo d' autunno
foglie e colore,
corre l' alunno
nell' ultimo sole.
   Luce di sera
vago tramonto,
congedo fiero
e nuovo incontro.
   Pioppo da neve
splendi sui campi,
nel cielo greve
leso dai lampi.
   Solo nel  gelo
oscilli lento,
ritto nel cielo
rami nel vento.
   Pioppo di marzo
aroma forte,
ostenti sfarzo
tra slancio e sorte.
   Giovani vite
passo sicuro,
corrono ardite
verso il futuro.
(Genova,"Pioppo bianco",  6 gennaio 2011)
Pomodoro
Quando giungon li frigidi primiori
e piu’ non maturan li pomidori:
 
acerbi dalla pianta tollerai
sinza semen in offette talierai.
 
Semper pelerai, in subtilis offette,
tal media pomidori, tal melette
 
et por  chilo de fructa miscerai
tam de sukkar; succus mescolerai,
 
cum scortea gratarata de limone.
Tuttus amalgamato in pentolone
 
repausare unus die laxerai.
Finis allo condensar cocerai. 
("Succus odorosus de meledori viridi", Anonimo medievale)
 
Primula
Prezioso sole di febbraio
sfida la tua timidezza
asciuga le lacrime di rugiada
sulle primule del prato.
(Genova, "Timido sole", febbraio 2008)
  Quila
    Canne di quila domate dal vento
 del sogno mapuche vago tormento,
 Canne di quila sommerse di neve
 rendono leggero un fardello greve,
 Canne di quila rifugio di armenti
 preziosa dimora nella tormenta,
 Canne di quila pregiata pietanza
 di tenere foglie in forma di danza.
   Fiori di quila roventi di sangue
preziosi e rari nel freddo che langue,
Fiori di quila giornata luttuosa
nasce col sole e diviene piovosa,
Fiori di quila speranza severa
schiudete le porte alla primavera.
Fiori di quila miraggio mapuche
sogno sparire nella vostra luce.
 ("Quila in fiore",  Genova, gennaio 2012)
Processionaria 
Morbido e intenso
a fine processione,
forte odore d’incenso,
nessuna chiesa né missione:
è l’amore tra processionarie
che allieta il pino
di emozioni visionarie 
("Amore in… processione", Genova, 26 settembre 2015)
Quercia da sughero
Malinconica sughera
capace di fiorire
capace di figliare
di bisbigliare sobria
e imprigionare il vento
dimenando le fronde
in un cullare lento
come legno sulle onde.
Sai castigare il sole
che appiattisce il mondo
e insidia ogni mistero
celato in fondo alle ombre.
Calda corteccia morbida
aspro contrasto al tocco
vivo polmone turgido
vano pur come ciocco.
Porgi la guancia ai bimbi
a quelle mani tenere
che saggiano i graffi ruvidi
con solchi d’ogni genere,
vano conforto fragile
a questa tua solitudine
che sogna il Supramonte
dove sorelle immobili
sussurrano in moltitudini
e spiano mufloni fieri
in zuffa per una femmina,
dove caprai severi
vigilano sopra il gregge
e boschi millenari
sono rifugio e legge.
La sorte tua di sughera
che bisbiglia nel vento
sarebbe assai diversa
se questo silenzio arcano
potesse lenire appena
i nodi del tuo tormento.
Straniere le tue radici
alla tua terra madre
forestiera alla foresta
priva di un bosco padre
un poco ti consolano
corse di bimbe ignare
sorde ai tuoi bisbigli
ma capaci di volare.
(Genova, "La quercia che sussurra", dicembre 2006)
Raganella mediterranea 
   Cantavi lento
sul bordo dello stagno,
sembravi stendere paziente
la tela di un ragno.
Il ritmo della tua voce
allietava le notti di maggio,
il chiarore della luna
ti riempirono di coraggio.
   Fu solo con l' arrivo di giugno
che la voce di lei
s'insinuo' nel tuo canto
ed i vostri due 'cra'
s'incastrarono per incanto.
   Saltellaste su ogni ramo
dell'albero di amarene
cacciando mille falene
e sognando di seminare
mille uova nello stagno
per il piacere di vaironi
golosi come ladroni.
   Le vostre voci alternate
allietano la nostra estate
inondando di musica
il silenzio della notte. 
( "Raganella arboricola", Il Giardino dell' Erba Voglio, maggio 2021) 
 
Rondine
   Numerose danzano,
ingorde d' insetti,
sostano volando sul lago gelido,
tra nuvole e nebbia,
in attesa d' un raggio di sole in ritardo,
che le attiri verso nord.
   Sognano i colori della primavera,
scrutando attraverso le nuvole
cariche di pioggia,
in attesa di volare,
contro la tiepida luce del sole,
al calare della sera.
   Non hanno udito previsioni,
s' affidano agli ormoni
che mostreranno loro la strada del ritorno,
verso l' ombra di quel tetto,
dove hanno assaporato
il piacere del primo volo.
   Adolescenti  scesero a sud,
affascinate dalla calda luce
del sole al tramonto,
tornano adulte,
in cerca di paglia e fango,
pronte a comporre un nuovo racconto.
(Luino, "Rondini sul lago", primavera 2017)
Rondone
   Seduto su tegole
appeso ai cornicioni
con metodo e regole
tu pesavi i rondoni.
   Quei guerrieri del cielo,
scimitarre le ali,
che sminuzzano il vento
quasi armi immortali.
   E spalancano gole
fameliche e profonde
per nutrire una prole
rifugiata su gronde.
   Un lavoro costante
di energie consumate
nella corsa incessante
a scovare imboccate.
   Quando il cielo scolora
e il termometro cala,
quando il cibo scompare
resta vuota la gola.
   E volare è patire
se la prole è affamata
e volare è morire
ma la prole è appagata.
   Tu guardone curioso
con la pena nel cuore
a badare a quel peso
che si spende e che muore.
   Ne facesti il tuo vanto
tra colleghi ed amici
un lavoro da incanto
che può render felici.
   Nel curriculum vitae
tra convegni e riunioni
poi comparve la nota:
“E pesavo i rondoni”. 
("E pesavo i rondoni", Genova, aprile 2009)
Sorbo
   Me n’anàvu pé funzi
cun u cavagnu e u bastùn
dé sérvi mancu l’unbra
però dé fògge in miliùn,
   Ghéivu in spalla ‘na còrba,
t’ho vista spuntà da u vièlu,
bella cume ‘na sciòrbua
e duse cume ‘n mièlu,
   Nu t’ho ciü scurdòu
da quèllu giùrnu cèu,
quànde mé sun mangiòu
in chìllu dè rìzu rèu.
   E quelle sciòrbue bunn-e
i me sun resté in du cö
duse cùmme de’ pùmme
mai ciü m’è scurdiò. 
("Sciue de sciòrbue", Fontona,, 29 aprile 2019)
Su questo ripido sentiero
zeppo di tornanti
piovono palline
colore delle arance,
pronte a rotolare
fino a Pie’ di Cavallo.
Quante generazioni di mandrie
vi hanno concimato
salendo verso la Madonna della Neve ?
Quante generazioni di turisti
tenteranno di concimarvi
abbandonando fazzoletti
intorno alle vostre radici ?
E’ stato lungo e faticoso
scrollarvi di dosso
la fama di esche
per uccelli migranti.
Quanti filari
incoronati di reti fetenti
catturavano tribù di migratori,
manna per cacciatori
e sugo per le polente ?
Sopra questo bosco arancione
corre il filo di quell’emozione,
per ogni volta che una tordela
incappava in quella tela
che interrompeva quel volo potente
di due minuscole ali
da continente a continente.
E’ con questi ricordi
aggrappati ai nostri scarponi
che saliamo lenti verso la Sella
lieti di volare ancora
sopra questa valle bella. 
("Sorbo degli uccellatori",Sassaia,  agosto 2018)
Tiglio
 
   Un nuovo luglio ardente sulla pelle
ombra e riposo il profumo del tiglio
la sete che inonda un prato di stelle
il giorno alla notte chiede consiglio.
   Vaga silente l'attesa di un segno
in questo piatto barlume di vita
resta al palato il sapore di un sogno
la testa vuota la mente smarrita.
   Scruto negli occhi di un bimbo malato
scopro l'azzurro di un mare fecondo
profumo di tiglio che toglie il fiato
   tutto il bene e tutto il male del mondo
lucida lama che solca il costato
ombra di tiglio dolore profondo.
(Genova, "Ombre di tigli", 1 luglio 2007)
Timo
Sacro sagrato di querce imponenti,
bosco violato da chiari di luce,
sabba di daini tra corna cadute,
viburno lantana e' soffio di neve,
gracida la rana in tono piu' greve,
un ultimo sole sulla falesia
argilla di langa grigia e scoscesa.
Arranco avido tra i peri corvini,
scarponi chiodati pestano timo,
odori e ricordi serran la gola,
sete profonda di un gesto mancante
unico sguardo nel sole calante,
corpo nella Borbera e mente errante
tra mirti di casa ancora bambino.
Un filo li fonde: l'odore di timo.
Amore segreto sol da celare
sole del Mesco colpisce sul cuore
sudore salato traspira dal mare.
(Val Borbera, "Amore di timo",  1 maggio 2006)
      
Ulivo 
Dilaga il sol di Siviglia
la luce condanna le ombre
in queste terre violate da aridi aratri,
campi geometrici, squadrati,
di uliveti igienizzati,
verdi olive giganti,
mosca rara o assente,
in questa brezza disinfettante
che accarezza erbe estinte
da piogge diserbanti.
Incombe il destino amaro
d'un futuro avaro
dove un fiore e' evento raro
e due fiori gramigna infestante,
con la nuda terra morta
unica carta adeguata a riempire la sporta.
Incutera' terrore e patimento,
bandito dal mondo civile,
chi semina cardi a piacimento
e l'aroma di finocchietto
si smarrira' nel vento,
ucciso dalla nostra specie,
che fu uomo, ma solo per un momento. 
("Uliveti d' Andalusia", Andalusia, settembre 2011)
 
    Immersi in una sinfonia di ulivi,
grigio ornamento di questi declivi,
presi dal canto dell' upupa in volo
ed il fischio timido dell' assiolo,
dove le ore fluiscono leggere
e le notti rincorrono le sere
sorge l' alba al trillo del verzellino
ma il sole e' destato da un cardellino.
    In questo frullar di rime e parole
fiorisce silenzioso il Girasole
che dona un Bed come luogo di sogni
ed un Breakfast in risposta ai bisogni.
    E, quando e' il momento di salutare,
germoglia lesto un seme: ritornare.
("Ulivi e Girasoli", Palombara S., B&B Il Girasole, maggio 2016)
Usignolo 
   Imprendibile melodia
nella notte quieta,
orfana di malinconia 
questa ode  lieta.
   Sgorga dal campo
spargendo buon umore,
in cielo con un lampo
dona alle stelle colore.
   Carico d' ogni tormento
di mille notti in bianco,
mi desto redento
   da questo canto franco
che trafigge nel vento
la fine d' un sonno stanco. 
("Usignolo", Val Borbera, giugno 2012) 
 
   Vocalizzi usignolo,
in queste notti d' aprile,
ti eserciti con allegria,
vagheggiando
la sinfonia di acuti
della prossima estate.
   Invidio,
ascoltando  incantato,
il tuo sogno di futuro,
capace di rischiarare a giorno
un presente buio e tempestoso.
   E provo ad immaginare
il gorgheggiare,
acuto e ininterrotto
delle tue notti d' agosto
in cui ti scorderai di respirare.
   Vita di canto piena,
sentinella del nido,
prenderai servizio
al sorgere della luna
e potrai riposare
solo quando i primi raggi del sole
accarezzano la collina.
   Non conosci la noia
del sole cocente
e sai nutrire la tua prole
con l' acuto delle tue note
che animera' i loro sogni
per tutta l' estate.
("Usignolo d' aprile", Val Borbera, aprile 2018)
 
Viburno lantana
   Frutti di viburno
sciarada di colori,
sbocciati di verde tenue
come i giorni sereni
carichi della grazia turgida
dei tuoi seni pieni.
   Esaltati dalla forza
del sole di luglio
vi tingete di giallo
sulle cime del cespuglio.
   E appena un istante
e gia' splendete di rosa
in un turbinio di colori
che muta senza posa.
   Un nuovo travestimento
vi fa ardere del rosso corallo
dei tuoi gioielli fini
all'ultimo ballo.
   L'esito inatteso
di questa giostra variopinta
sara' ancora una sorpresa:
indosserete infine austeri
mille lucenti pallini neri.
 (Val Borbera,"Viburno lantana", luglio 2008) 
Volpe
   Sempre solitaria
ti ho vista
sulle dune  olandesi
fissare il sole
diritto negli occhi
e la sera al tramonto
spiare incuriosita
ogni mio movimento.
   Ti ho vista affamata
nei camping svedesi
mendicare bocconi,
per la tua cucciolata,
da turisti vocianti.
   Ti ho vista
tra le felci di Corsica
voltarti dubbiosa
se sfamare la tua curiosita'
o fuggire precipitosa.
   Ho visto di notte
brillare i tuoi occhi lucenti
vigili e attenti
sui tornanti del Bracco.
   Una volta soltanto
vi ho viste felici
a Orbetello
alla luce della luna
danzare l' amore
al centro della laguna.
(Genova, "Volpi", aprile 2003)